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Don Umberto: 44 anni al servizio della Comunità del SS. Salvatore

12/01/2011

Carissimo don Umberto,

 

questa volta, pensando al tempo che tu hai dedicato a noi come pastore di questa Comunità, sono stato colpito dal numero.

In un primo momento, per un motivo bizzarro.

Sì lo confesso: mi è balzata alla mente una vecchia canzone dello Zecchino d’Oro e ho immaginato di mettere questi tuoi 44 anni in fila per 6 col resto di 2, perché 6 per 7 fa 42; più 2, 44.

Ne risultava nella mia immaginazione un piccolo plotone, seppure con l’ultima riga diseguale, di angeli custodi del tempo a vigilare sulla crescita della Comunità. O un colonnato che allarga ogni anno la sua base per reggere l’edificio di pietre vive di questa chiesa locale. O ancora, delle pietre miliari che segnalano le tappe di un camminare che apre cammino. O se vogliamo ancora, degli annali che costituiscono la storia di tutti noi che siamo parte integrante di questa famiglia. E, alla fine, forse tutte queste cose insieme.

In qualunque modo questo evento lo si veda, nella mia percezione esso si presenta con la letizia di una canzone, con il fascino di una fiaba, con il crisma di un dono.

Ma torniamo al numero.

Per il filosofo Pitagora esso era l’elemento costitutivo della realtà.

Oggi con i numeri si fotografa, fra l’altro, la realtà economica, sociale ed oltre, e io dico che si può avere un’immagine anche delle singole persone e uno spaccato della loro vita.

Anche in questo caso, statistiche e percentuali sono radiografie aride ma significative, che a volte svelano una verità sorprendente.

State a vedere.

44 anni sono più del 50% di una vita media, perché non credo che il suo calcolo raggiunga oggi gli 88. Ma ad essi andrebbero aggiunti i 4 anni di servizio sacerdotale fatti ad Avola.

E fanno 48.

Altri 4 vanno aggiunti per il dottorato in teologia, come avviene, per esempio, per noi insegnanti che riscattiamo gli anni della laurea per la pensione.

E siamo a 52.

Chi ha fatto tanti anni di lavoro e ha continuato a restare ancora in servizio?

Io che ne ho fatti tanti di meno, mi sono ritirato in pensione già da un po’. E per “ritirato” intendo anche la voglia di tirare i remi in barca e non avere più a che fare con orari e impegni, mentre tu invece non hai appeso al chiodo la tua vocazione.

Continuando nel computo, vanno aggiunti gli anni di formazione in seminario, cominciati in tenera età, e cioè gli studi medi e superiori fatti nell’ottica del sacerdozio.

Altri 8 anni.

Insomma, resta fuori solo la scuola elementare e l’infanzia.

A che percentuale siamo arrivati?

60 anni di impegno consapevole su 70 di vita. Vale a dire l’85,7%.

Ma torniamo alla ricorrenza dei nostri 44 anni che oggi stiamo ricordando.

Sono la bellezza di 176 stagioni condivise con noi e vissute per noi.

Volendo tralasciare il numero di giorni che è facile ottenere moltiplicando 365 per 44, cerco di immaginare l’impegno medio di una tua giornata tipo.

Un primo 20% è dedicato alla preghiera dell’Ufficio, alla meditazione e all’Eucaristia.

Un altro 20% riguarda lo studio e la preparazione delle varie forme di catechesi, dalle omelie, alle lectio, ai corsi biblici, agli interventi televisivi.

Un altro 20% va alla cura delle anime (e dei corpi), se pensiamo al bisogno di ascolto, di sostegno morale e materiale di tante persone che bussano alla tua porta.

Un 10% dobbiamo metterlo per i pasti e la cura della persona, ivi compresa una piccola pennichella quando possibile.

Almeno un altro 10% va al disbrigo di faccende burocratiche varie e incombenze di natura organizzativa.

Un altro 20% se ne va in incontri di gruppi vari e negli spostamenti all’interno e all’esterno della Zona pastorale.

Un altro… ma vedo di avere già riempito di percentuali la tua giornata e di avere esaurito lo spazio numerico, e chissà quante cose ho tralasciato, che non so come tu faccia ad inserire.

Questo calcolo però vale per i giorni cosiddetti feriali. Non parliamo dunque di eventi notevoli, come le domeniche, le feste, i sacramenti, i periodi forti dell’anno liturgico, i malati di ogni primo venerdì, gli impegni diocesani, il mese mariano, eccetera, eccetera.

Le gite? E meno male che ci sono anche quelle, altrimenti ci sarebbe da scoppiare.

E poi, io conosco dei sacerdoti che per il pur doveroso riposo e relax, trascorrono dei periodi solitari in strutture ricettive per riprendere le forze.

Tu preferisci fare le tue vacanze in famiglia, nonostante anche queste siano un notevole impegno per te, pur di condividere con i tuoi esperienze arricchenti, come ad esempio quella dell’anno scorso in Terra Santa.

Se ora vogliamo guardare in sintesi la foto che viene fuori da tanti numeri, appare quella di un uomo che sostanzialmente non vive per sé, ma per l’altro.

Il giorno dell’Epifania ero accanto a te durante la celebrazione in qualità di inserviente all’altare e, quando alla consacrazione hai pronunciato le parole di Gesù: “prendete e mangiate, questo è il mio corpo offerto per voi e per tutti”, ho capito qual è il tuo segreto.

Non ricordo più chi ha detto che il prete è un uomo mangiato. Proprio come l’Eucaristia.

Il fatto è che questo vale anche per tutti noi in quanto cristiani.

Ma se dovessimo applicare a noi stessi (se mi perdonate i neologismi) il “caritatometro”, il misuratore del tempo dedicato ad amare, o il “gratuitometro” il misuratore della gratuità, o l’”audiometro” il misuratore del tempo dedicato all’ascolto dell’altro, non so con quali percentuali ne usciremmo.

Quali sono i numeri che fotografano la nostra vita?

Un’ultima cosa.

Recentemente il vescovo ha chiesto contributi di riflessione sul tema della misericordia, in vista di un suo intervento su questo argomento.

Se è vero che misericordia è avere viscere di tenerezza per l’altro e mettersi nei suoi panni, il modello assoluto della misericordia ce l’ha offerto il Bambino di Betlemme che si è messo addirittura nella carne dell’altro, facendosi uomo.

Ma anche tu, don Umberto non manchi di misericordia perché siamo in tanti a sentire che tu sei in empatia con noi e sappiamo di poter ricorrere a te con fiducia.

È questa l’essenza di un pastore.

Allora, oggi non basta il solito grazie.

Basteranno 44 abbracci in fila per 6 col resto di 2?

6 per 7, 42; più 2, 44.

Auguri, don Umberto.

 

Giovanni Rosa

 

Domenica 9 gennaio, Battesimo del Signore